venerdì 12 febbraio 2010

Sa gentarrubia

La gente rossa, strepita nella laguna.

Presso l'isola del falasco è un gorgogliare di becchi nella fanghiglia,un torcersi di colli  lunghi  flessuosi in teneri avvolgimenti.Specchiati nell'azzurro frantumati in miriadi di forme rosacee, in diamanti di gocce che cadono, scompaiono fra i trampoli rossi rigidi, essenziali come steli di giunchi, virgulti senza spine. 


Danza di piume, musica senza note ritmata da sighiozzi, da stridi, da gemiti, da sibili e ansiti tra sponde verdi di frumento.I colli si flettono ora in note di musica, bianchecontro la laguna di madreperla.
Musica di danza su trampoli rossi sotto un tremolio
di
piume biancorosate.Un malinconico adagio che fluttua, s'insinua, si contorce nei lunghi colli.

Note bianche su pentagramma di luce.
è un singhiozzare composto, è un ritmo, è un passo, una movenza piumata. Musica e colore, melodia e pianto
strepito improvviso in un tripudio di ampie ali di sangue. Orchestra e spartito, note in forme danzanti si specchiano nella laguna. Bellezza triste, malinconia perenne della gente rossa. Alla sinuosa mollezza dei colli si oppongono i trampoli scarlatti rigidi a sostenere il morbido guanciale di piume donde sboccia lo stelo del collo.

Fieri dell'orrido rostro spaventoso naso di un'altra vita su un piccolo cranio danzano e nascondono nell'acqua la bruttura che han trasmesso in millenni ai figli e ai figli dei figli. Lontano dall'uomo danzano al suono di gavotte scandite dalla tastiera del tempo su fogli di madreperla.
Danza triste della gente rossa, eterna e immutabile
 


Il becco adunco i trespoli rigidi le membrane scagliose
dei larghi piedi sono retaggio di mostri.

Grottesca fissità del fenicottero imbalsamato: dalla danza nella laguna non resta che il tutù di piume, squallido ricordo di un fasto scomparso, triste come le vesti da sposa scoperte dentro gli armadi nelle case dei morti.

Nulla è più morte della falsa vita degli uccelli impagliati,
occhi di vetro e colli torniti sorretti con steli metallici.
Spettrali negli angoli di oscuri salotti, requiem senza risposta, in tombe calde attendono inchiodati un'altra morte dalle tarme.

Lontano sotto i cieli di cenere affondano i becchi gorgoglianti nelle acque immobili. Da un clavicembalo nascosto tra giunchi sciamano le note della gavotta. Una dama dai capelli d'argento la veste violetta  il collaretto di pizzo trae gli accordi  dalla tastiera tarlata, con lunghe diafane dita : legge le note sulla pagina dell'acqua cinerea e il filo di perle trema sul collo scarnito.
Trascolorante laguna, specchio di tutte le ore, opale agata cobalto sangue, oro, tripudio di stelle

merletto di spume, regno della gente rossa. La gavotta corre sulle acque.
La danza su trampoli rossi segna cerchi sempre più larghi si chiude in un groviglio di colli, si dilata in uno scomposto tumulto.

Due ali bianco rosse frangiate di nero trepidano.
Sbocciano ali, s'innalzano. Sono mille croci nel cielo.
Un nembo di piume si flette sulle acque e nel silenzioè un respiro d'ali.
Sulle acque si dilatano cerchi e cerchi e cerchi. Piccole onde muoiono prima di giungere a riva. I falaschi protendono le foglie lunghe, simili a spade sottili, a miriadi di dita contro i taciti cieli. La canicola di giugno si adagia sulle acque morte sulle arenarie calde, sulle biade recline  sulle ombrella dei fiori, o sui calici chiusi dei convolvoli sugli  elicrisi,sui ginepri dei mari sui giunchi della riva.

Nel tepore ovattato della diffusa chiarità del cielo, i gabbiani volano verso i nidi sulle scogliere. Bianche vele ruotano nelle conca azzurrina
sospinte dal brivido del loro grido selvaggio.

Mare e laguna, mare e cielo, cielo e laguna bagliori di madreperla Le ombre scendono dai monti azzurri lontani. é il silenzio, grande, della sera rotto dal singhiozzo della gente rossa. Quando l'afa d'agosto è infranta dal maestrale e le onde verdi flagellano  le cuspidi di arenaria, la laguna ribolle livida e gialla. La gente rossa, dai colli torniti si sposta, isola rosata presso i banchi di falasco. Il vento disperde il singhiozzo La porta, ora si ora no alle sponde screpolate nella spirale  di sabbia in vortici turbinosi. Lamenti, urlo di marosi, sibilo di giunchi voce della gente rossa.

Dai cieli di piombo scende invocata la pioggia dell'estate.  A scrosci, a raffiche calde sconvolge i  danzatori rosati che tendono e flettono i colli agitano le ali, saettano lunghe fiamme Incedono lenti, esultano in tripudi improvvisi Si diradano, si protendono

sciamano, corrono, s'arrestano. La gente rossa è un'isola di luce, approdo di sogno lontano inaccessibile approdo su acque torbide. Il vostro grido mi scende nell'anima vuotacome i sepolcri lungo il mare. All'alba e al tramonto la gente rossa migra da una laguna all'altra.

Le ali trepidano sulle acque. Si innalzano. I lunghi trespoli penduli si tendono dietro le piume. I colli sono cuspidi acute contro cieli di luce. Una nube rossa volteggia nel cielo. Si sposta. Si allunga si flette, si gonfia, s'innalza, scompare verso altre lagune di perla. Sulle acque guizzano ali rosse. I candidi petti sfiorano, strisciano corrono sulle acque. Remeggio di ali di sangue, respiro di mille respiri, alito di cielo, tripudio silenzioso, miraggio, sogno, incanto di occhi attanagliati alla terra, condannati a contemplare dal basso i trionfi dei cieli.

Gente rossa dei cieli, uomini della terra, signori degli spazi, prigionieri del piombo eterno

saldato alla caviglia dalla catena dei millenni. Io nel cuore, tutte le ali il tumulto dell'universo l'ansia del volo, il lancio, l'ascesa il librarsi, il flettersi, il planare.
Ma l'ala, la grande ala frangiata di piume rosse mi è stata negata per sempre. Ali nel cuore dell'uomo, ali della gente rossa. Palpitano, si sfiorano, sulle acque immote. L'anima mia si effonde come il soffio del cuore di un flauto. E' una nota, una sola, disperato singhiozzo verso l'ultima stella del mattino
alta, sul piano della terra.




                  
                                            




                                


                          

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